27.10.2015
“Nessuno ricordava come fosse arrivata nel bosco, ma tutti sapevano che era la cosa giusta.
L’intera foresta la accolse come una di loro.
Gli uccelli le insegnarono a parlare.
Gli orsi le insegnarono a mangiare.
Le volpi le insegnarono a giocare.
Lei capiva, ed era felice.”
Impossibile non farsi catturare da questi occhioni ipnotici, chiamano il lettore e lo invitano ad aprire il libro e a leggere la storia di una bambina che non ha nome, non ha genitori, non ha fratelli, non ha una casa. Questo è quello che pensano le due persone che la trovano, nuda, spettinata ed impaurita in mezzo alla foresta. O meglio, questo è quello che vedono, perché la piccola selvaggia ha dei genitori premurosi (degli orsi che le insegnano a mangiare) ha dei fratelli (delle volpi le insegnano a giocare) ha addirittura degli insegnanti (uccelli che le insegnano a parlare).
Non manca niente a questa bambina. Il suo unico problema (ma secondo chi?) è che si trova in mezzo ad una foresta, in un posto inadatto ad una essere umano!
Dopo essere stata catturata con una tagliola la piccola viene portata in città, al sicuro, in mezzo ai suoi simili. Il tentativo di renderla uguale agli altri non andrà però a buon fine, la bambina indomabile sceglierà di vivere un destino ben diverso.
Un libro controcorrente, che ha fatto discutere parecchio. Una bambina selvaggia che è lo strano incrocio tra Pippi Calzelunghe e Mowgli, però con un tocco di (sana) cattiveria in più. Emerge in modo predominante il lato “selvatico” e animalesco, quello più arcaico e duro da estirpare.
Un messaggio forte quello di Emily Hughes: accettatemi per quello che sono!
Ma è (troppo) difficile avere a che fare con un diverso, adattarsi ai suoi modi di fare, di esprimersi. Vuol dire mettersi al suo pari (ma chi con chi?), scardinare la porta del pregiudizio.
Poco testo, frasi brevi ma chiare. A parlare sono le immagini, i colori, gli animali…tutto si muove e vive, libero.
Selvaggia
Emily Hughes
Traduzione di Maria Chiara Rioli
Settenove
2015
da 4 anni